sabato 22 giugno 2013

ATTILA 21/06/2013

Locandina dello spettacolo


Sorti incerte per questo allestimento estivo della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste che chiude una stagione invernale di altissimo livello, come non se ne vedevamo da diversi anni.
Mi spiego meglio. La visione sempre molto pulita e minimalista dello scenografo e costumista Pierpaolo Bisleri ha reso moderna, accattivante e tagliente un´opera altrimenti piuttosto rudimentale e senza particolare allure.E tutto ció grazie a tre fondali di tulle, una palizzata di legno che funge da mura di un castello, navata di cattedrale, palafitta. Merito anche delle bellissime video proiezioni ad opera di Alex Magri che, una volta tanto, non sono un inutile orpello, ma vanno a sostituire il segno pittorico degli scenografi decoratori, ormai sempre piú rari e indubbiamente molto piú costosi. Quindi, evviva il video che ci restituisce cavalli in fuga, incendi, temporali e cieli mozzafiato, aiutandoci a teletrasportarci in un´epoca cosí cupa e cruda.
Molto incisivo anche il disegno luci di Gerald Agius Ordway, dichiaratamente visibile e teatrale, senza cercare di essere di segno pittorico o naturalistico.


La regia di Enrico Stinchelli, noto conduttore radiofonico della trasmissione per melomani e non solo "La Barcaccia", é tradizionale comme il faut, senza essere troppo didascalica, incluso l´uso del coro sempre schierato in posizioni geometriche e, forse, troppo immobili.
Il lavoro sui protagonisti é curato, oltre a confermare una buona corrispondenza televisivo/cinematografica tra il come ce li immaginiamo e come li ha selezionati la direzione artistica.
Attila sembra veramente "Il flagello di Dio": entra in scena mezzo nudo, dotato di fisico possente e tonico, incute tutto il terrore immaginabile. Ugualmente la sua Odabella ha l´aspetto della tipica matrona romana. Quindi ci viene facile l´immedesimazione con i personaggi immaginati da Verdi.


Peccato che poi cantino. No, questa é solo una cattiveria. Peró il piano canoro lascia un po´a desiderare.
L´Attila di Orlin Anastassov é come dicevo fisicamente e teatralmente perfetto, ma la linea di canto desta perplessitá. Sembra impreciso in tutti i registri anche se é dotato di volume e di un timbro gradevole.
Ugualmente altalenante la prova di suo fratello Venteslav, che tenta un affrancamento da lui eliminando una S dal cognome, Anastasov come Ezio, cui difettano nuovamente i registri, faticando soprattutto in quello medio....difetti di famiglia o di impostazione?
E mi scuso per questa dura critica da teatrante piuttosto che da musicista....soprattutto con i cantanti che, peraltro, cantano nei teatri di mezzo mondo...serata no la loro o la mia?
Diametralmente opposta la prova di Anna Markarova che spara virtuosismi e potenza all´infinito, uscendo indenne e vittoriosa dalla temibile aria con cavatina del primo atto.
Piacevolissimo il Foresto di Like Xing, tenore dalla voce piccolina, ma educatissima: un vero piacere ascoltarlo e sentirlo risolvere con tecnica brillante qualunque richiesta vocale tipicamente verdiana.
Adeguati l´Uldino di ANtonello Ceron e il Leone di Gabriele Sagona.


Stavolta restiamo delusi dalla prova del Coro triestino, generalmente molto compatto, che denuncia uno squilibrio tra compagine femminile e maschile: la prima se la cava con la solita precisa sicurezza, mentre la seconda ne esce piuttosto ammaccata negli attacchi e in qualche intonazione.
La bacchetta sicura di Donato Renzetti porta al traguardo quest´ultima fatica del lirico triestino: l´Orchestra lo segue mansueta, cosí come il palco, anche mentre richiede clangori e volumi da banda per me meravigliosi e irrinunciabili. Musicalmente ho trovato meraviglioso il concertato che chiude il secondo atto e il quintetto che chiude il secondo e non potrete non essere d´accordo...a condizione che Verdi piaccia tanto quanto piace a me!
Opera che non conoscevo, ma che mi ha emozionato in diversi momenti; pubblico partecipe, abbastanza numerose e tributante omaggi e riconoscimenti. Bello spettacolo che si replica domenica 23 giugno alle 18 e martedí 25 alle 20.30

lunedì 3 giugno 2013

APOLLO/SALOME´ 29 maggio 2013

Locandina dello spettacolo

Quale onore! La compagnia del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo (il leggendario ex Kirov di Leningrado) onora proprio Trieste con una nuova coproduzione in prima mondiale: accidenti!
Dobbiamo riconoscere al Sovrintendente Orazi meriti non comuni di creatore di partnership!! Giá é difficile vedere questa compagnia in tournée in italiane, figurarsi poi per una simile occasione....bravo! E grazie...

Venendo allo spettacolo, questo dittico inizia con la ripresa della versione in due scene di Apollo che George Balanchine creó a Parigi nel 1928, molto meno frequentata e conosciuta di quella che normalmente viene utilizzata nei galá e dalle compagnie di tutto il mondo, che vede eliminata la prima scena in cui si assiste alla nascita di Apollo. In questo caso il palcoscenico é ingombrato da una scalinata, simbolo della discesa e dell´ascesa all´Olimpo, che ci toglierá il piacere di vedere la posa finale della versione "da concerot" dove Apollo si ferma in una quarta posizione davanti alle sue Muse, che lo abbelliscono con una sorta di coda di pavone, formata dai loro arabesque a diverse altezze: una scultura vivente che, in questo caso, possiamo ammirare solo di sfuggita, prima che gli interpreti si inerpichino sulla scala...peccato!
Venendo alla danza, il Balanchine Trust mantiene come sempre fede alle proprieintenzioni e abbiamo l´assoluto privilegio e piacere di vedere la coreografia fedelmente riprodotta e danzata: dagli accenti musicali agli atteggiamenti, un balletto di Balanchine é lo stesso in tutto il mondo! Fenomeno rarissimo considerando l´abitudine di tramandare da ripetitore a danzatore le coreografie...


Eccezion fatta per il carattere e le linee di questi danzatori russi. Abbiamo avuto il privilegio di vedere Xander Parish nel ruolo del titolo che, giá dal nome, denuncia origine tutt´altro che russe, essendosi formato al Royal Ballet di Londra: é un danzatore di grande bellezza fisica, l´ideale per questo balletto, e di grande presenza scenica e tecnica :un Apollo indimenticabile, perfetto!


Meno convincenti le sue muse, in qualche modo troppo russe, sia nelle linee delle gambe (bellissime, ma non per questo repertorio) che nella rigiditá del tronco. Nonostante il lavoro di modellatura fatto da Francia Russel nel rimontare la coreografia, qualcosa resta stonato nella loro esecuzione.
Forse il poco abituato pubblico triestino, che non riesce ad applaudire alla fine delle quattro variazioni solistiche (immaginate se succedesse qualcosa di simile alla fine di "Casta diva" o di "Recondita armonia....che tristezza!) voleva dire proprio questo? Forse non ha dimenticato la caduta dalle punte della Tersicore di Ekaterina Osmolkina dovuta ad un´eccessiva estensione del collo del piede? Magari...ma illudiamoci che fosse cosí e non per ignoranza, nel senso puro del termine "colui che ignora"., e poco rispetto per la fatica e il rischio che un danzatore, come qualunque altro artista, corre esibendosi...


In merito alla seconda parte dello spettacolo, questa rilettura di Salomé mi convince solo parzialmente.
Dal punto di vista della concezione, speravo che il team creativo avrebbe osato di piú: sembra di assistere ad una ricostruzione molto poco filologica dal punto di vista della scrittura coreografica, ma tradizionalissima nella drammaturgia cosí come nell´allestimento. Per caritá scene elegantissime e costumi adeguati ad opera di Pierpaolo Bisleri, genius locii, con adeguato disegno luci di Claudio Schmid, video intessantissimo durante tutto il balletto (ma interminabile e inutile quello sull´ouverture) di Antonio Giacomin, coreografia di Emil Faski interessante in alcuni passaggi e finalmente poco "modernamente sovietica" e molto piú vicina ai gusti occidentali, ma...resta un ma.
I danzatori sono magnifici! Su tutti posizionerei l´Erode di Anton Pimonov: salti iperbolici, presenza carismatica e sguardo incendiario! É seguito da un manipolo di quattro danzatori anche loro assolutamente strepitosi e che meritano di essere citati: Alexsandr Savel´ev, Grigorij Pjateckij, Jaroslav Pusov e Vladislav Smakov. Segue lo splendido Giovanni Battista di Andrej Ermakov dallo strepitoso ballon e dalla notevole estensione degli arti inferiori.


Il comparto femminile mi é parso decisamente piú debole: se una volta gli assieme dei "russi" erano inarrivabili e invidiati da qualunque compoagnia occidentale di balletto, le quattro danzatrici che vediamo in scena in questa Salomé fanno fatica a raggiungere l´unisono, pur essendo solo quattro! Forse a causa della troppo recente messa in scena di questo titolo che necessita maggior rodaggio oppure di uno stile che, come noi occidentali ben sappiamo, lascia molto margine all´espressivitá individuale e ai conseguente sfasamenti ritmici. Stesso discorso per le due soliste: una precisa ma pallida Lubov Kozarskaja interpretava Erodiade e una fremente, ma non del tutto convincente, Viktorija Brileva nel ruolo di Salomé ci lasciavano poco soddisfatti. Ad avercene di ballerine cosí, ma l´aspettativa di fronte ad una troupe di questo livello era altissima e siamo rimasti leggermente delusi.


Teatro abbastanza pieno che potrebbe esserlo ancora  di piú riallocando i posti che molti sciatti abbonati non occupano, poco interessati come sono all´arte di Tersicocre, magari distribuendoli tra gli allievi delle scuole di danza a prezzo popolare, visto che saranno loro il pubblico del futuro. Ancora un eoncomio alla Direzione del Lirico Triestino per questo meraviglioso regalo...