Come un bicchiere d'acqua fresca quando si è assetati, in estate.
Come una inaspettata calda e rossa giornata autunnale.
Come un bucaneve durante il freddo inverno.
Come la primavera che vorremmo eterna.
Tutto questo è assistere ad "Amorosa presenza" andato in scena in prima mondiale, inaugurando la stagione lirica e di balletto 2022 della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste. E il parallelo è rinforzato dallo stesso svolgimento dell'opera che ora vi racconterò brevemente. In genere evito di raccontare le sinossi degli spettacoli che vedo perché sono, quasi tutti, classici stra-noti ma questa è una prima mondiale e, nonostante esista un omonimo libro dell'ottimo e purtroppo scomparso Vincenzo Cerami da cui è tratto, mi sembra giusto condividere almeno l'essenza.
Siamo di fronte ad uno spettacolo che vive dell'eterno gioco del travestimento per celia, anche se in questo caso avviene più per timida insicurezza che per altro. Orazio è invaghito di Serena ma non avendo il coraggio di dirglielo di persona, decide di promuoversi attraverso la sua alter ego en-travestì Letizia. Di rimando lo stesso farà Serena, travestendosi da Carmine. Tra alti e bassi, inevitabilmente, l'amore trionferà e non poteva lasciarci il cuore più leggero e meglio nutrito in momenti incerti come questo che stiamo vivendo a causa della pandemia. Si, la vicenda è semplice ma non vive cali di tensione, grazie anche al libretto che Aisha Cerami ha tratto dal libro di papà Vincenzo assieme a Nicola Piovani, che tiene bene la scena e l nostra attenzione.
La regia di Chiara Muti è attenta, vivace e fantasiosa, curata allo spasimo fin nei dettagli così spesso trascurati negli allestimenti d'opera tradizionali. Si vede che viene dal teatro di prosa dove ad ogni parola da interpretare viene dato il giusto e doveroso significato. La trovata dei cespugli che si animano improvvisamente diversi minuti dopo l'inizio dell'opera è un vero coup de théâtre e l'idea di usarli come commentatori e interfaccia della vicenda è squisita. Eleganti e suggestivi anche i figuranti in perenne silhouette abilmente mossi dalle coreografie di Miki Matsuse così come Angelo Menolascina e Cler Bosco, cui sono affidati piccoli duetti e un paio di soli dove, per fortuna, non c'è il veto di non dover sembrare danzatori...
L'impianto scenografico è fisso con due prospetti di facciate di case a coprire la quinte, uno sfondo urbano che rivela finestre a sorpresa e un mastodontico albero che segna il passaggio delle stagioni, dall'estate alla primavera, e che rivelerà la sua essenza grazia al canto, un po' sacrificato dalla maschera, dell'ottimo basso Cristian Saitta. Le luci sono di Vincent Longuemare e, assieme ai delicati costumi di Leila Fteita che firma anche le scene, ci trasportano in un mondo fumettistico ma soprattutto leggero e color pastello dove molti degli spettatori - ne sono sicuro! - avrebbero voluto trasferirsi almeno per un po' e poter così riprendere a sognare!
Nicola Piovani ci regala due ore di carezze per le orecchie e per l'anima, con strutture compositive che spaziano dalle forme più classiche al tango e sono ritmicamente ricche e stimolanti. La sua musica, vincitrice non a caso anche di un premio Oscar, è suadente, accattivante, dolce ed è magnificamente orchestrata. Ero in prima fila e, probabilmente, a causa "dell'invasione" dell'orchestra in platea, spesso il canto era soverchiato dal suono della compagine orchestrale che però, essendo così più visibile, mi è sembrato divertita e appassionata come poche altre volte da questa nuova partitura che permette loro di giocare anche con sassofoni, ukulele e percussioni inusuali! Bravi, come sempre!
Maria Rita Combattelli interpreta Serena/Carmine con delicata energia, con presenza scenica preziosa e con una linea di canto melodiosa e tecnicamente salda. l'Orazio di Motoharu Takei convince per lo squillo tenorile e la grande verve interpretativa. Aloisa Aisember nel ruolo della tata di Serena e William Hernandez in quello del tutore di Orazio, chiudono il cerchio rappresentando tutti i registri di canto e sostenendo a loro volta arie e interpretazioni con sicura maestria. Il coro interviene solo fuori scena e perde un po' di incisività, vista anche la riduzione della compagine in cui opera, ma resta coeso e preciso anche grazie alla guida di Paolo Longo.
Causa impegni lavorativi, purtroppo posso scrivere di questo spettacolo solo dopo l'ultima recita ma sono sicuro che quest'opera verrà ripresa o che verrà incisa e, per quel momento vi suggerisco di darvi da fare per andare a vederla o sentirla: cibo per l'anima!